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Diletta Ciacci

5 anni fa

“Agricoltura maremmana e turisti” al centro di un incontro che chiude il ciclo di appuntamenti organizzati dall’associazione Comunità di Punta Ala e dedicati alla Custodia del Creato, una rassegna proposta dalla Conferenza Episcopale Italiana.
L’evento, aperto al pubblico, è stato ospitato presso il Golf club di Punta Ala lo scorso martedì 3 settembre.
Domenico Saraceno, presidente dell’ordine dei dottori agronomi e forestali della provincia di Grosseto, ha svolto il tema ricordando l’evoluzione dell’agricoltura in Maremma, la sua relazione è disponibile in  videoregistrazione.
“Stasera si chiude il calendario previsto per Custodia del creato. Si sarebbe dovuto tenere un ulteriore evento, annullato per indisposizione del relatore, dopo gli incontri di luglio col prof Guido Tonelli, la Genesi nel racconto divulgativo del fisico, quello di fine agosto su Un mare da amare (con due biologhe, Sveva Puerari e Giulia Maffezzini) e, pochi giorni fa, la messa a dimora di una sughera, e, in serata, dalla conversazione del prof Rocco Altieri su Armonizzare ecologia ed economia. Custodia del Creato è il filo conduttore degli eventi, per proporre riflessioni ed azioni. Il desiderio dell’associazione – dichiara Alessandro Marzocchi, presidente di Comunità di Punta Ala - è di proseguire in futuro con ulteriori appuntamenti aperti anche ad imprenditori locali, perché portino la propria esperienza concreta e presentino i prodotti del loro lavoro”.
Custodia del creato ispira nuovi stili di vita, con scelte consapevoli per rispettare e apprezzare ciò che abbiamo trovato e che dovremmo consegnare ai nostri figli.
Da questa riflessione sono nati gli incontri, fra cui quello con Domenico Saraceno, agronomo e libero professionista, che ha ripercorso la storia dell’agricoltura in Maremma, ricordando la Genesi “Dio pose l’uomo nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse” (Gn 2,15).

Nella foto: Domemico Saraceno

“Partiamo proprio dal legame che sussiste con il creato. L’immagine del giardino dell’Eden è evocativa, poiché rappresenta una prima frattura, oggi traducibile nella rottura tra umanità e natura. Inizialmente l’uomo si nutriva di ciò che offriva la natura, raccogliendo frutti o cacciando animali, fino a quando nacque l’agricoltura, che, nella mezzaluna fertile, favorì la nascita dei primi grandi insediamenti stanziali. Il primo enorme traguardo in ambito agricolo – spiega Domenico Saraceno – è stato comunque raggiunto recentemente, a seguito della rivoluzione industriale, con la ricerca di macchinari o strategie che potessero aumentare la produzione. Numerosi settori, come lo studio per la diversità genetica o la chimica per la realizzazione di antiparassitari o fertilizzanti, hanno determinato un grande ripensamento, grazie ad una maggiore sensibilità rispetto all’ambiente e al creato. Fino a poco tempo fa, era ricercata la massima efficienza, anche a discapito della natura. Oggi, invece, le politiche agricole, dettate a livello comunitario dall’Unione europea e poi applicate dalla Regioni, sono orientate anche e soprattutto verso la sostenibilità ambientale. Questa nuova tendenza ha preso il via dal 1992 con l’introduzione della Pac, politica agricola comunitaria, con l’obiettivo di offrire incentivi economici agli imprenditori agricoli ed evitare lo spopolamento delle zone collinari.
L’agricoltore è colui, che presidia un terreno, è un custode del creato, che si prende cura e mantiene un determinato territorio. Questo principio, sotteso alla Pac, fu poi articolato anche come incoraggiamento per investire nell’impresa acquistando nuovi macchinari o con coltivazioni diversificata fino alla scelta, sempre più diffusa, di agricoltura biologica, favorita anche dal gradimento dei mercati e da ulteriori incentivi. Bisogna tener presente – prosegue Saraceno – che la principale missione dell’agricoltura è di nutrire il pianeta. Ci sono comunque risvolti preoccupanti: per la Fao, organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, nel 2050 la produzione agricola dovrà aumentare  del 70% per rispondere al fabbisogno mondiale. Purtroppo la terra è una risorsa limitata, per cui saranno necessarie soluzioni anche politiche per ridurre gli sprechi. Si stima che il 14% di quanto prodotto sia perso durante raccolta e trasporto, mentre il 15% risulta come rifiuto a causa dello spreco alimentare. Dovranno quindi essere modificati stili di vita ed abitudini. Un altro problema attuale è rappresentato dall’urbanizzazione: al momento la popolazione sul pianeta è distribuita al 50% tra città e campagna, ma in un prossimo futuro si prevede che 2 abitanti su 3 vivranno in insediamenti urbani. Da questo punto di vista la provincia di Grosseto, tra le più estese in Italia, presenta una bassa densità, ma concentrata sulla costa, di maggiore attrattività turistica e più facilmente coltivabile rispetto alle zone collinari dell’entroterra, che restano marginalizzate. Comunque, in Maremma, gli addetti all’agricoltura sono percentualmente più numerosi rispetto alla media toscana ed a quella regionale: la Maremma si estende per il 20% della superficie toscana ma ospita il 6% della sua popolazione.
Riguardo alla ricettività turistica – aggiunge Saraceno – nella provincia di Grosseto si trovano 1.100 agriturismi circa, rispetto ai 4.500 totali della Toscana, ma vi sono pochi alberghi a 5 stelle. La permanenza è però più lunga rispetto ad una città d’arte come Firenze: mentre nel capoluogo il turista si trattiene per 3 giorni, in base ai dati in mio possesso, il soggiorno  sulla costa maremmana si prolunga fino ad una settimana”.
Non è comunque semplice tracciare un legame tra turismo e produzione agricola del territorio: a parere di Saraceno, la Maremma attrae per il mare e non sempre c’è attenzione verso la tipicità dei prodotti agroalimentari locali.
L’agricoltura del nostro territorio è molto legata al settore zootecnico, dove le provincie di Grosseto e di Siena valgono il 50% del patrimonio zootecnico regionale, con prevalenza di ovini da latte, per questo sussistono anche alcune eccellenze come il Consorzio tutela del pecorino toscano con sede a Grosseto e l’insediamento di caseifici aziendali: il pastore prova a recuperare nella verticalizzazione verso il formaggio quel guadagno che non trova limitandosi a vendere il latte. 
Altro fenomeno da segnalare sono il ritorno alla coltivazione dei cosiddetti grani antichi ed il tentativo di avviare una filiera della pasta.
Infine anche la viticoltura e l’olivicoltura sono in crescita, anche se la propensione all’export resta bassa: 3,9% per la provincia di Grosseto, a fronte del 28% della Toscana e del 23% dell’Italia. Ancor più negativi i dati sul tasso di apertura ai mercati: 7,8% per la provincia di Grosseto, a fronte di circa il 50% per la Toscana e poco meno per l’Italia.
Per ribaltare la negatività di questi dati è interessante la proposta di una nuova doc vinicola cosiddetta trasversale, “Maremma Toscana”, che cioè lascia libero il produttore di etichettare il vino con la doc territoriale tradizionale, ad es: Morellino, oppure con la nuova doc che punta a numeri maggiori necessari per competere sui mercati d’oggi.
Un’altra esperienze positiva è quella della milanese Martina Rusconi Clerici che, nata archeologa, ha scelto la strada dell’olivicoltura acquistando un oliveto a Batignano con 5 mila piante. Per Martina l’olio è diventata una questione di famiglia: partendo proprio dal nome dei familiari, l'olio è stato battezzato Poggio Amasi come acronimo dei nomi di Andrea, Martina, Anne, Silvia e Ignazio. Si sono curate confezione, grafica e distribuzione fino all’acquisto direttamente sul sito. Martina e Poggio Amasi non sono la prima e neppure l’unica realtà che incammina la tradizione maremmana verso il futuro.
Come suggerisce Alessandro Marzocchi, con qualche differenza rispetto al relatore: “Cinque milioni di turisti, tanti sono sulla costa maremmana, rappresentano un bel canale di comunicazione e sarebbe un peccato non coltivarlo, cominciando a mettere a fattor comune agricoltura e turismo. I mercati di oggi si conquistano coi numeri - merita attenzione l’iniziativa della doc Maremma Toscana - ma anche con prodotti di nicchia, seguiti accuratamente, quasi maniacalmente, dal seme al consumatore finale e con altrettanta cura proposti al consumatore finale. Da questo punto di vista cinque milioni di turisti sulla costa sono un veicolo impagabile per comunicare il territorio ed offrire le sue produzioni: le quantità sono così basse, ha ricordato Domenico Saraceno, ma le vere penalizzazione sono la scarsa attitudine all’aggregazione e la tipica abitudine maremmana a non innovare: si è sempre fatto così, e non è totalmente sbagliato. Un pregio è quello di avere conservato l’ambiente. Innovare in modo equilibrato è la scommessa che accomuna Punta Ala, Maremma, pianeta. Senza equilibrio si distrugge, non si custodisce”.

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